Fu un mix incredibile di fattori: una nevicata precoce in Trentino e delle incessanti piogge torrenziali furono gli elementi che provocarono, tra il 15 e il 17 settembre 1882, l’esondazione del fiume Adige a Verona, provocando morti e feriti, case crollate e centinaia di sfollati. La città, abituata da sempre alle alluvioni, stavolta si era trovata impreparata a una devastazione così ampia.

Lunedì 18 settembre altri edifici, stressati dalla massa d’acqua crollarono, mentre dalle città lombarde di Brescia, Mantova e Milano arrivarono i soccorsi, i quali distribuirono cibo e acqua potabile ai veronesi. Il giorno successivo arrivò in città il ministro dei lavori pubblici Beccarini, per rendesi conto della devastazione avvenuta, mentre le acque lentamente iniziarono a ritirarsi.

Il 21 settembre un terremoto di lieve entità venne percepito dalla popolazione. Il giorno successivo arrivò a Verona il re Umberto I°, insieme a suo fratello Amedeo duca d’Aosta. Il sovrano visitò, accompagnato dal sindaco Camuzzoni, le zone più duramente colpite, fece visita agli sfollati, donando loro la somma di centomila lire. A ricordo della visita esiste ancora oggi il monumento dedicato a Umberto I° a ponte Navi.

I danni dell’immane tragedia furono stimati in 3 milioni di lire dell’epoca (pari a poco più di 3 milioni di euro attuali). I terribili giorni dell’alluvione provocarono il crollo di 13 case, 30 case gravemente lesionate, 170 danneggiate. I morti furono 11 e 12.000 le persone che furono assistite da Comune di Verona e da altri enti caritatevoli.

Essendo crollato ponte Nuovo e fortemente danneggiato ponte Navi, furono prontamente allestite delle passerelle provvisorie, al fine di permettere ai cittadini l’attraversamento del fiume.

Nel giro di pochi mesi la città fu ripulita dal fango, ma l’alluvione aveva lasciato una grande ferita nell’animo dei veronesi, per tanto si iniziò a pensare di poter realizzare delle opere di contenimento del fiume, anche se ciò voleva dire cambiare per sempre lo stretto rapporto, sino ad allora esistente, tra Verona e l’Adige.

Venne così indetto un bando per selezionare il progetto più idoneo per contenere l’Adige. Le proposte che arrivarono furono numerose, alcune stravaganti. Tra queste ve n’è una che proponeva di deviare il corso del vecchio fiume, facendolo uscire dal centro cittadino. Chissà, se fosse stato scelto questo progetto, forse oggi il letto del fiume sarebbe stato occupato da nuove case, palazzi, piazze e monumenti, ma avrebbe reso più povera la città.

Per fortuna giunsero alla fase finale quattro progetti i quali presero esempio da quanto stava già avvenendo a Firenze, Roma e Parigi, per contenere i rispettivi fiumi cittadini.

I progetti finalisti vennero inviati a Roma al ministero dei lavori pubblici, il quale, una volta presa visione degli incartamenti, invitò il Comune a sintetizzare in un unico progetto le idee espresse nelle quattro proposte scelte.

Così si decise che l’Adigetto sarebbe stato canalizzato e che il tratto denominato “Acqua morta” sarebbe stato interrato; il tratto di fiume che va da ponte Garibaldi a ponte Aleardi la larghezza sarebbe stata regolarizzata a 90 metri; che sarebbero stati costruiti i muraglioni di contenimento e i relativi lungadigi; che i ponti crollati o lesionati (ponte Navi, ponte Umberto e ponte Aleardi) saranno ricostruiti, cosi come la rete fognaria.

I lavori durarono dal 1887 al 1894 e il costo totale dell’opera non superò il costo preventivato. Con l’interramento di un braccio di fiume l’Isolo divenne parte della città. Molti lavori legati al fiume sparirono, così come le industrie. A causa della costruzione dei muraglioni e dei lungadigi si dovettero sacrificare alcuni palazzi cinquecenteschi come palazzo Fiorio della Seta , un palazzo riccamente decorato con stucchi e affreschi , alcuni dei quali sono giunti sino a noi grazie a chi li staccò e oggi sono conservati presso il museo degli affreschi di Cavalcaselle alla Tomba di Giulietta.

Fu poi demolito il palazzo del celebre architetto rinascimentale Michele Sanmicheli, che lo elesse a sua dimora. Venne poi abbattuto anche il palazzo Giona Castellani che nel 1822 aveva ospitato il Congresso di Verona o della Santa Alleanza.

Il fiume, una volta imbrigliato, da elemento vivo e vitale divenne elemento “monumentale” – per così dire – della città. Con i muraglioni Verona acquistò sicurezza, ma inevitabilmente perse quell’interscambio che aveva radici profonde.

Forse, se non vi fosse stata l’alluvione del 1882, ci avrebbero pensato i tempi moderni e i nuovi mezzi di trasporto a far lentamente ma inesorabilmente a perdere quel secolare legame che univa gli uomini al vecchio fiume.

Testo di: Michele Tonin per progetto I.L.I.E. e Storie di Verona

Foto di: Marco Bertazzoli per progetto I.L.I.E. e Storie di Verona

BIBLIOGRAFIA:

P. Brugnoli, Le strade di Verona, Newton & Compton Editori, 1999

M. Patuzzo, L’Adige Verona e i suoi ponti, Gianni Bussinelli Editore, 2015

SITOGRAFIA:

L’inondazione del 1882 e la costruzione dei muraglioni (in formato pdf) UNIVR –
www.corsi.univr.it