Quando parenti, amici e colleghi hanno saputo, al mio ritorno, che ero andato a visitare la bellissima isola del Giglio, tutti mi hanno posto la stessa identica domanda: <com’è la nave?>. Nessuno mi ha chiesto: <com’è l’isola?>.
Tempo fa, quando parlai di questo viaggio ai ragazzi dello staff, a loro dissi che non avrei scritto sulla “Concordia”, in quanto altri siti, dal 13 gennaio ad oggi, ne hanno parlato con dovizia di particolari. Ma ora, dopo esserci stato, non posso non parlarne. Quindi, iniziamo il racconto di questa seconda tappa del “Viaggio in Maremma”.
Dopo una notte trascorsa in hotel a Castiglione della Pescaia, la sveglia suona alle 6:30 e la partenza è alle 8 con il pullman. Alle 9 il traghetto ci aspetta per l’imbarco e la partenza a Porto Santo Stefano.

Durante tutta l’ora di viaggio a bordo del traghetto, tutti parlano di una sola cosa: la nave Costa Concordia, spiaggiata a ridosso dell’isola del Giglio. A bordo c’è attesa e curiosità.
L’orizzonte non è molto limpido, ma di fronte a noi, seppur ancora lontano, riusciamo a scorgere l’imponente massiccio dell’isola ai cui piedi si presenta una linea bianca: la Concordia.

Molte persone, sino quel momento rimaste al piano inferiore, salgono per vedere la nave. Tutti noi prendiamo le nostre fotocamere per prepararci a fotografare il relitto non appena possibile.
Quando è a portata di obiettivo, tutti iniziamo a fotografare e a filmare. Quando il nostro traghetto inizia ad avvicinarsi, scorgiamo lo scoglio conficcato nella parte bassa della nave. Vedere la mole del relitto da vicino fa davvero impressione. Sul traghetto vi è un silenzio irreale. Alcuni smettono temporaneamente di fare le foto per farsi il segno della Croce.

Una volta sbarcati a Giglio porto, ci accorgiamo di quanto effettivamente la nave sia lì, a pochi metri. Se il bestione si fosse fermato ed inclinato soltanto pochi metri più avanti, avrebbe ostruito l’accesso al porto, compromettendo la vita e l’economia isolana. Così ci si rende conto del perché gli abitanti del Giglio siano arrabbiati: perché non è solo l’enorme mole a dominare il paesaggio, ma è anche – e soprattutto – il pericolo concreto che il contenuto (solventi, cibo deperito, ecc) possa fuoriuscire e quindi inquinare. Non solo: la presenza del relitto comporta lo spostamento del centro di interesse dei turisti: dall’isola alla nave.
Il Giglio, invece, è un luogo bellissimo, unico per la varietà di flora e fauna esistente. È la seconda isola dell’arcipelago toscano per estensione (21,2 Km²) dopo l’Elba.
Giglio Porto non è solo il biglietto da visita, ma è la zona forse più turistica, con la strada principale piena di negozi di souvenir e di pasticcerie artigianali.
Grazie ad un autobus riservato alla nostra comitiva, raggiungiamo Giglio Castello, a 405 metri sul livello del mare. Sopra al piazzale dove l’autobus ci lascia, vediamo la Rocca, un edificio di chiara epoca medievale. Per arrivare sino alla Rocca bisogna attraversare un dedalo di strade e scalini, talvolta scavati nella roccia, ma la visuale che riusciamo a scorgere una volta arrivati in cima è davvero stupenda. Qui si trova la chiesa di San Pietro, al cui interno vi è esposto un bellissimo crocifisso in avorio, risalente al XVI secolo.
Terminata la visita riscendiamo tramite una strada migliore verso l’autobus, il quale ci porta a mangiare in un ristorante a Campese.

(1- Continua) Testi e foto di Michele TONIN per progetto I.L.I.E.