Non capita tutti i giorni discutere in rete di neologismi nuovi. Per lo meno non è materia capace di far discutere il mondo del web. Quando i social, a furor di popolo, elevarono a nuova parola “petaloso”, si scatenarono le più accese critiche perché quella nuova parola era stata inventata da un bambino e in un qualche modo avvallata dall’Accademia della Crusca. Ora sul web è nata una nuova parola, coniata dal celebre giornalista e direttore del Tgla7, Enrico Mentana. In molti si sono espressi su questa nuova parola, senza sollevare molte critiche contrarie, ma quantomeno positive. Il termine in questione è “webete”, che come spiega il giornalista Roberto Cotroneo sul settimanale “Sette” del Corriere della Sera, webete è “un idiota che crede a tutto quello che legge, e soprattutto amplifica e diffonde”.

Parte della colpa è di quelle “testate” (o presunte tali) che mettono in bella vista, sui social network, articoli con titoli-esca, creati per far sì che l’utente clicchi e vada a leggere e ne rimanga per lo più colpito e poi a sua volta che l’utente-lettore condivida quel link. Un’altra parte della colpa è del lettore, il quale spesso si accontenta di quel che legge, senza confrontare articoli simili di altre testate (magari più serie) presenti in rete, per cercare di farsi un’idea più completa e meno stereotipata sull’argomento.

Il problema è serio, perché sempre più persone commentano sul web su vari temi senza prima davvero informarsi, utilizzando il più delle volte dei commenti stereotipati, con buona pace della lingua italiana, che il più delle volte viene ahimè massacrata (ma questa è un’altra storia).
Il fatto è che non solo le persone prendono per oro colato il primo articolo che trovano, senza sforzarsi di navigare per cercare ulteriori conferme o maggiori approfondimenti, ma che tale processo avviene anche in conseguenza del fatto che l’attuale sistema di organizzazione della nostra esistenza è sempre più compressa.

Il mondo del lavoro è sempre più competitivo da non concederci più reali spazi, per tanto il tempo dedicato a noi stessi e alla famiglia è una perenne ed affannosa corsa. In tutto ciò dobbiamo far vedere agli altri, sui social, che siamo informati, che seguiamo lo svolgersi degli eventi, ma lo facciamo in modo mordi e fuggi, senza avere il tempo di capire davvero e pensiamo che quanto abbiamo letto ci dia il diritto di esprimere un’opinione su qualsiasi cosa, manco fossimo Pico de’ Paperis!
Poi va aggiunto un altro fattore che il web sta amplificando: l’ego delle persone. Se tutti parlano e commentano su quel fatto, anch’io, per farmi vedere, devo commentare, dire la mia, anche se quel che scrivo si basa solo sul sentito dire.
A questo proposito ben si inserisce quello schema pubblicato sul blog del fotografo Federico Cerioni e che è stato rilanciato da repubblica.it ( http://www.federicocerioni.com/blog/la-mappa-per-le-discussioni-e-diventata-virale/ ), nel quale si dice: Se sto assistendo ad una discussione su un determinato argomento ci sono due strade: la prima: sono informato e quindi parlo, posso dire la mia; la seconda: non so nulla, quindi sto zitto e ascolto gli altri. Oppure, non so nulla, mi informo e una volta compreso parlo; se non ho ancora capito cerco di informarmi di nuovo, sforzandomi di capire meglio e poi posso parlare ed espormi. Se non ho ancora capito, sto zitto e lascio parlare e commentare chi ne sa davvero qualcosa. È uno schema efficace che ben spiega come dovrebbe essere non solo una conversazione nel mondo reale, ma anche sul web. Uno schema che molti dovrebbero seguire e come ha commentato il giornalista Lorenzo Gaggi su Twitter (@loregaggi), questo dovrebbe essere il , utile per iniziare a vivere in un mondo migliore.
Per questo, anzi, per tutto questo, noi di “progetto I.L.I.E.” vi abbiamo sempre segnalato le fonti e abbiamo molte volte aggiunto dei link, nei nostri articoli, a dei siti esterni o segnalato dei libri per approfondire i vari argomenti sin qui trattati. Per noi anche questo è “cercare di guardare oltre l’orizzonte più vicino”, per avere un mondo di persone migliori, non un mondo di webeti.

Michele Tonin per progetto I.L.I.E.