L’articolo che state per leggere è stato pubblicato per la prima volta, su questo sito, nel mese di settembre 2014.

Gorizia è una città del Friuli Venezia Giulia, capoluogo di provincia, ma è anche una città di confine, nel senso più vero della parola: tagliata in due dal trattato di Parigi del 1947. Di qua Gorizia (Italia), di la Nova Gorica (Slovenia).

Se siete turisti mordi e fuggi, la potete visitare in un giorno solo, ma non riuscirete a coglierne la vera essenza che sa regalare. Per capirla almeno un po’ vi consiglio di prendervi due giorni, se avete tempo anche tre. Perché per conoscere una città ci vuole tempo. Con i ragazzi di progetto I.L.I.E vi abbiamo soggiornato tre giorni e ci siamo accorti che è una città dove la vita scorre senza grandi sfarzi, tra le vie e i palazzi che rimandano alla dominazione asburgica, ma che pare soffrire un po’ il complesso di inferiorità rispetto a Trieste.

Secondo il mio punto di vista, Gorizia ha enormi potenzialità alle quali non sembrano troppo credere i suo abitanti. Eppure a questo luogo la Storia sembra averci creduto davvero, tanto da non dimenticarsi mai di questa zona d’Italia, lasciando di volta in volta segni profondi.

La prima volta fu nel corso della prima guerra mondiale, durante la quale la città fu pesantemente bombardata; al termine della seconda guerra mondiale, invece, si ritrovò – come già detto – il confine italo-jugoslavo attraversarle il proprio territorio e dividerla così per sempre in due. Anche se da dieci anni il confine tra Italia e Slovenia, grazie all’entrata di quest’ultima nell’Unione europea, non esiste più, il solco creato da quasi sessant’anni con la frontiera in casa, si fa sentire eccome.

Lasciarsi alle spalle decenni di divisione non è certo cosa facile, ma mettendosi di impegno si può fare molto per una convivenza pacifica. E posso dire di aver visto qualche segno di collaborazione dal punto di vista culturale, ma è ancora tanto il lavoro da fare.

IL BIGLIETTO DA VISITA

Appena usciti dalla stazione ferroviaria, il biglietto da visita che Gorizia ci offre è quello di un luogo tranquillo, dove il silenzio sembra essere di casa. Il traffico di auto e moto è notevolmente inferiore rispetto alle altre città che sino ad ora abbiamo avuto occasione di visitare. O se c’è è ben nascosto all’occhio del turista. L’accoglienza comunque lascia un po’ perplessi, in quanto fuori dalla stazione ferroviaria non troviamo alcuna informazione turistica e i nuovi arrivati devono arrangiarsi da soli per capire dove devono andare e cosa fare. A dire la verità un centro di informazioni esiste, ma si trova a più di due chilometri. Anche se ben fornito e utile, è comunque distante per chi arriva in città. La cartellonistica stradale, poi, non aiuta.

Gorizia, benché sia un luogo dove poter camminare e spostarsi a piedi senza paura, sembra non fare nulla per farsi ricordare dai turisti. Eppure, per farsi ricordare, un monumento-simbolo esiste ed è il castello medievale che dall’alto sembra voler vegliare la città.

Riuscire a sfruttare turisticamente l’immagine di quel castello potrebbe essere un primo passo verso una nuova percezione della realtà goriziana. Ma Gorizia, forse, è ancora troppo prigioniera del suo tragico passato. Forse il tempo riuscirà a farla uscire dal suo guscio e molto dipenderà da come saprà riallacciare i rapporti con l’altra sua metà, situata in terra slovena. Solo da qui, dalla base di un rinnovato rapporto tra i due insediamenti urbani, la città friulana potrà finalmente uscire dal torpore nel quale sembra essere – purtroppo – caduta; anche se lo sappiamo fin troppo bene che la crisi economica in atto non aiuta.

Tutti noi di progetto I.L.I.E facciamo il tifo per questa città, affinché riesca a riscattarsi e guardare al futuro con rinnovato interesse.

Testo di: Michele TONIN per progetto I.L.I.E.
Foto di: Omar BASONI per progetto I.L.I.E.