RIASSUNTO:

– fu realizzato tra il 1354 e il 1356 per volontà di Cangrande della Scala;
– il manufatto è lungo 119,50 metri;
– dopo il secondo conflitto mondiale fu ricostruito com’era.

Non si può parlare del Ponte Scaligero senza menzionare l’intero complesso di Castelvecchio:
“Figlio della paura, della crudeltà e dell’orgoglio di Cangrande II”.
Così lo storico e architetto veronese Giuseppe Trenca descrisse i natali della grande fortezza. Cangrande II fu un Signore terribile. Fratricida assetato di potere, anche in seguito alla battaglia intestina contro il fratellastro Fregano, venne ribattezzato “Can rabbioso”. Fu odiato a tal punto dal popolo Veronese che si vide costretto a finanziare la costruzione del Castello di San Martino in Aquaro (dalla chiesa che lì era edificata) e del rispettivo ponte per proteggersi e fuggire da eventuali rivolte popolari. Castelvecchio fu il primo caso veronese di una fortificazione non eretta a difesa della città.

Non si hanno certezze circa l’identità dell’architetto che progettò il complesso, anche se alcuni riconoscono in questi la figura di Giovanni Bevilacqua. In pochi anni, tra il 1354 ed il 1356, una delle opere fluviali più audaci del medioevo veronese ed europeo, prese quindi forma.

L’enorme struttura è composta da tre arcate, la prima delle quali fu la più grande del suo tempo (48,69 m). Due piloni pentagonali (fendenti a monte) scandiscono il ritmo della costruzione, la quale si congiungeva ad un altro mastio difensivo sulla riva opposta (demolito dalle truppe napoleoniche nel 1801). Furono utilizzati il marmo bianco e rosso Verona per il bugnato e le fondamenta, il cotto per le restanti parti. Si contano anche antichi ornamenti romani di riuso.

Il ponte, elevato a simbolo dello sdegno degli ultimi Scaligeri a dispetto del proprio popolo, fu lo stesso che salutò la fine della signoria. Nella notte tra il 18 ed il 19 ottobre 1387, Antonio della Scala fuggì dalle truppe di Gian Galeazzo Visconti imbarcandosi verso Venezia, cedendo de facto la città al nuovo padrone.

Come abbiamo accennato, Ponte e Castello subirono danneggiamenti durante le campagne napoleoniche. Tra le altre cose, tutte le merlature originali vennero moncate a scopo difensivo. I primi restauri avvennero solo nel 1824.

Nel 1870 il ponte divenne pedonabile grazie ad un’apertura effettuata lungo le mura perimetrali. Ciò permetteva alla polizia austriaca un maggior controllo del traffico cittadino: il percorso si sviluppava (e si sviluppa tutt’oggi) all’interno delle mura del Castello, sotto alti parapetti di controllo.

L’anno che però segnò l’epilogo più tragico della storia del ponte fu il 1945. La sera del 24 aprile, il monumento Scaligero venne fatto brillare dall’esercito tedesco in fuga dagli alleati. Le fotografie dell’epoca sono ancora oggi tristemente desolanti: dell’intera opera restavano solo le basi mozzate dei due piloni.

Prima della distruzione, vennero prudentemente eseguiti una serie di rilievi grafici e fotografici della struttura, proprio nella malaugurata (e, ahinoi, fondata) prospettiva di un rifacimento futuro. Anche grazie a questi, i lavori di ricostruzione partirono al più presto, nel 1949. Quasi come se la città ed i veronesi, feriti sì ma con fretta di ripartire, avessero voluto erigere un monumento che coronasse l’orgoglio, la dignità ed il coraggio cittadino. Nel 1951 il nuovo collegamento venne completato ed inaugurato.

Resta, anche a distanza di anni, l’amarezza per un atto meschino compiuto a sfregio dell’uomo, della sua dignità, della sua arte, e del suo amore per essa. Il Castello ed il Ponte nati sotto il segno della crudeltà e dell’orgoglio, meritavano un destino differente. È arduo parlare di redenzione quando essi, crollando, hanno chiuso un cerchio testimone di sangue e barbarie. Nonostante ciò, rimane l’ardore, l’ingegno, l’idea che il divino possa svelarsi nell’umano attraverso l’Arte e le sue forme.
Ed esse si specchiano perpetuamente nell’Adige.

Bibliografia
➢ G. Casarotto, 2003, “I ponti di Verona. Immagini e storia”, Vago di Lavagno (VR), La Grafica;
➢ G. Milani, 2003, “I cinquantacinque ponti di Verona”, Vago di Lavagno (VR), La Grafica;
➢ M. Patuzzo, 2015, “L’Adige. Verona e i suoi ponti”, Vago di Lavagno (VR), G. Bussinelli editore.

Testo di: Matteo Lonardi per Progetto I.L.I.E. e @Storie_di_Verona

Foto di: Marco Bertazzoli per Progetto I.L.I.E. e @Storie_di_Verona