Lo sappiamo, i ponti sono dei testimoni “viventi” e se osservati bene possono raccontare storie incredibili. A Firenze, ad esempio, esiste la leggenda di Burgasso – raccontata su Youtube da Wikipedro – un vecchio orafo malato che durante il secondo conflitto mondiale riuscì a salvare dal tritolo ponte Vecchio.

Anche a Verona i ponti hanno storie legate a degli eroi “per caso”. La nostra inizia il 2 settembre 1757, quando l’Adige è in piena e fa paura. I ponti, notoriamente, non sono i luoghi più sicuri dove stare, quando l’acqua scorre furiosamente e il suo rumore copre ogni altro rumore. Eppure un tempo, sopra a queste importanti vie di comunicazione, si costruivano delle case o delle torri e la gente vi andava ad abitare dentro.

Quel giorno di settembre del 1757 l’Adige era in piena e ponte Navi sembrava essere davvero pericoloso. La torre, posta al centro, sembrava essere instabile e sul punto di crollare. Al suo interno vi abitavano due donne e tre bambini. I cinque, evidentemente terrorizzati e in preda al panico, chiesero disperatamente aiuto. Subito una moltitudine di persone accorsero sul luogo, forse più per curiosità che per la reale voglia di intervenire. Tant’è vero che nessuno provò a salvare i malcapitati, nemmeno dopo che qualcuno promise un premio in denaro a chiunque avesse salvato i malcapitati.

Ad un certo punto si fece avanti un giovane dipendente della Dogana (siamo ancora sotto il dominio veneziano), tale Bartolomeo Leone, conosciuto da tutti con il soprannome di “Rubele”. L’Adige si stava facendo sempre più minaccioso e la tensione saliva sempre di più. Rubele si fece avanti e sembrava non avere paura: prese alcune scale e le ligò tra loro, così da poter raggiungere dall’esterno le donne e i bambini, riuscendo a portare tutti in salvo.

Una volta che tutti furono al sicuro al giovane eroe, applaudito dalla folla, venne chiesto di riscuotere il denaro che era stato messo in palio per chiunque avesse portato in salvo gli sfortunati abitanti della torre, ma il giovane Bartolomeo rifiutò e se ne andò, ritornando alla sua vita di sempre.

Da quel tragico evento il ponte ne uscì semidistrutto. Fu ricostruito negli anni successivi, per durare sino alla disastrosa alluvione del 1882, quando venne sostituito prima da un ponte in legno, poi da uno in ferro. Ricostruito in cemento armato nel 1936, resse sino al secondo conflitto mondiale. Ponte delle Navi si chiama così perché in epoca medievale era punto di approdo delle navi ed era il quarto della città dopo ponte Pietra, Nuovo e Castelvecchio.

I veronesi non dimenticarono l’eroico gesto di Rubele, tanto che una volta che furono costruiti i muraglioni di contenimento dell’Adige e i relativi lungadigi, decisero di intitolare il tratto di lungo Adige che va da ponte Navi a via Nizza proprio Luangadige Rubele. Segno che nel tempo le buone azioni non muoiono mai.

Testo di: Michele Tonin per Storie di Verona e progetto I.L.I.E.
Foto di: Marco Bertazzoli per Storie di Verona e progetto I.L.I.E.

Fonti bibliografiche:

P. Brugnoli, 2004, “Le strade di Verona”, Roma, Newton e Compton Editori