Leggendo e cercando di andare a scoprire la storia di Ponte Petra ho capito che tutto quello che era possibile scrivere è stato scritto e aggiungere qualcosa di nuovo è davvero (quasi) impossibile. D’altronde il manufatto in questione è il capostipite dei ponti veronesi, se si pensa che è stato il primo ad essere eretto e a oggi – nonostante la furia dell’Adige si sia più volte abbattuta su di lui e una guerra mondiale abbia cercato di distruggerlo – è ancora qui.
Ponte Pietra è stato costruito nel luogo in cui si trova perché in quel punto la distanza tra le due sponde dell’Adige è più ravvicinata: “solo” 92 metri!
Quando i primi abitanti, che avevano fondato il primo nucleo abitativo su colle di San Pietro, decisero di scendere a valle, per poter passare dall’altra parte del fiume, scelsero proprio quel punto per erigere un ponte in legno.
Nell’89 a.C. l’abitato atesino divenne colonia latina e probabilmente è in quel periodo (o forse prima) che i Romani sostituirono il manufatto di legno con uno in pietra, di certo più stabile e sicuro. Con la concessione della cittadinanza romana (nel 49 a.C.), Verona divenne municipio e ciò comportò un ampliamento dell’insediamento abitativo, ma anche un maggior traffico di persone e di merci.
Ma ponte Pietra, a causa della sua particolare posizione, costituiva un problema dal punto di vista urbanistico. Infatti, la sua collocazione e la conformazione dell’Adige, costituirono una vera e propria sfida per gli architetti Romani, in quanto li costrinse a trovare delle soluzioni nuove per poter inserire il “format”costruttivo Romano nel territorio cittadino.
Gli antichi Romani, quando fondavano le città avevano un modello urbanistico uguale per tutte le realtà: le strade venivano costruite secondo l’impianto tipico del cardo e del decumano, tanto che tali caratteristiche rimangono ben visibili anche ai giorni nostri.
“Il colle di san Pietro rappresentò senza dubbio un punto di orientamento obbligato per gli urbanisti […] esso, infatti, doveva avere un collegamento con la città. Un punto di sutura già esisteva, il ponte Pietra, ma per l’impostazione del decumano massimo, arteria fondamentale di ogni impianto urbano ortogonale, non ci si poteva orientare sul ponte perché l’asse stradale si sarebbe troppo avvicinato alla sponda del fiume e la pianta della città sarebbe risultata sghemba. Fu studiata quindi una soluzione alternativa ricorrendo a una linea che tagliasse obliquamente la <penisola> atesina e che si attestasse – mediante la costruzione di un nuovo ponte – all’estremità sud orientale del colle di San Pietro”. Questo ponte era il Postumio e lo spostamento dell’asse cittadino su quest’ultimo penalizzò – e non poco – ponte Pietra, tanto da non comparire nella famosa iconografia rateriana. Tale opera risale al X° secolo e ritraeva la città scaligera tra il IX° e il X°secolo.
Con il crollo definitivo, in epoca medievale, del Postumio, ponte Pietra tornò ad essere centrale, anche se altri ponti ormai erano nel frattempo sorti.
Cansignorio Della Scala, “fece passare sul ponte l’acquedotto che, proveniente da Avesa, portava l’acqua [ … ] alla fontana di Madonna Verona in piazza Erbe, oltreché a numerose case del centro“.
Più tardi, per venire probabilmente in contro alle esigenze di barcaroli e dei proprietari di piccoli mulini esistenti in Adige, sul ponte furono costruite delle abitazioni di legno. Non è da escludere che vi fossero anche delle piccole osterie. Le case sul ponte sparirono agli inizi del XIX° secolo, così come la torre che si trovava sulla sponda opposta a quella ancora oggi visibile.
Il ponte nato con la città fu più volte ferito dalle numerose piene dell’Adige, ma ogni volta fu ristrutturato o ricostruito. Ma quello che in secoli non ha potuto fare l’acqua, nella notte tra il 24 e il 25 aprile 1945, lo fece la mano dell’uomo. Gli occupanti tedeschi, prima di fuggire, minarono e fecero brillare tutti i ponti scaligeri, compreso ponte Pietra, nonostante le rassicurazioni provenienti dall’alto comando dell’esercito tedesco in Italia. Alla fine del conflitto il professor Gazzola, responsabile della Soprintendenza di Verona, insieme ad altri suoi illustri colleghi, riuscì a dare vita al vecchio ponte, ripescando e catalogando tutte le pietre, riposizionandole, come in un gioco di Lego, al loro posto.
Oggi è “il ponte ambasciatore di Verona”, nel senso che è il più fotografato e il più “postato” sui social, ma bisogna ammettere che spesso anche noi veronesi ce lo dimentichiamo che guardare oggi ponte Pietra non significa solo ammirare un’opera ingegneristica unica che ha attraversato i secoli, ma significa anche leggere la storia della città. Questo manufatto è pronto a scrivere nuove pagine di storia e a raccontarci la Verona del futuro. Sta a noi a preservarlo per le generazioni future.
Testo di: Michele Tonin per progetto I.L.I.E. e Storie di Verona
Foto di Copertina: Marco Bertazzoli per progetto I.L.I.E. e Storie di Verona
La foto di fine articolo: via www..pixabay.com
Fonti bibliografiche:
P. Brugnoli, 2004, “Le strade di Verona”, Roma, Newton e Compton Editori
AA.VV., 1987 “I segni della Verona romanica”, Verona, Cassa di Risparmio di Verona, Vicenza e Belluno